La resilienza

Quante volte, di fronte ai problemi, ci è capitato di dire Non potrò mai farcela! e quante volte, invece, abbiamo superato degli ostacoli rialzandoci? Possiamo trovare la forza per far fronte alle avversità?

La resilienza consente l’adattamento alle avversità ed è un termine preso in prestito dalla scienza dei materiali, dove indica le proprietà che hanno alcuni elementi di conservare la propria struttura o di riacquistare la forma originaria dopo essere stati sottoposti a schiacciamento o deformazione. In psicologia, invece, la resilienza definisce la capacità delle persone di riuscire ad affrontare gli eventi stressanti o traumatici, è la capacità di auto ripararsi dopo un danno e di riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante le situazioni difficili.

Fin dalle epoche più remote, gli esseri umani si sono distinti per la capacità di sopravvivere a disastri naturali, guerre, e a ogni sorta di carestia o malattia. Ciò è stato possibile perchè l’uomo è “programmato” per resistere alle sventure, superarle, e convivere quotidianamente con lo stress, al punto che si potrebbe dire che l’abilità di combattere e rialzarsi più forti di prima è la regola nel mondo umano. La necessità di combattere ha la sua ragion d’essere nell’inevitabilità delle sconfitte, delle delusioni, dei conflitti quotidiani, fino a quegli sconvolgimenti esistenziali, come una violenza o la perdita di una persona cara, che, spezzando un equilibrio preesistente, pongono colui che li ha subiti di fronte a una serie di interrogativi: Perché proprio a me? Che senso ha quanto mi è accaduto? A volte rimaniamo incastrati e immobili di fronte a queste domande…potremmo risponderci che è accaduto ciò che doveva accadere, che doveva andare così, che noi abbiamo fatto il nostro possibile in quella determinata situazione, cercando di trasformare i sensi di colpa in responsabilità cioè assumendoci la nostra parte e quindi invece di tormentarci possiamo ridefinire la nostra sofferenza e il  dolore può essere visto come un valore aggiunto, fonte di maggiore sensibilità verso le bellezze dell’esistenza, nonchè per le sofferenze altrui. Se è vero che certe ferite non si rimargineranno mai completamente, qualunque trauma, se non vissuto passivamente come punizione o negazione della felicità, può rappresentare, nel suo accadere repentino e imprevedibile, un’occasione di realizzazione superiore, al pari della condizione del cigno che si è sviluppato a partire dal brutto anatroccolo della nota favola di Andersen (Cyrulnik, 2002).

Le difficoltà possono trasformarsi come opportunità, come sfida, che mobilita le proprie risorse, sia interne che esterne, una sfida dalla quale non ci si può esimere, in nome del raggiungimento di un equilibrio più funzionale.

Affrontare le inevitabili calamità della vita mette in moto quell’abilità nota come resilienza, termine ripreso dall’ambito ingegneristico per indicare la capacità di un materiale di resistere a un urto improvviso senza spezzarsi (De Filippo, 2007). La sua azione può essere paragonata a quella del nostro sistema immunitario chiamato a proteggerci dalle aggressioni esterne.

La resilienza è in altri termini la capacità di far fronte, resistere, ma anche costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante situazioni difficili che fanno pensare a un esito negativo. Gli individui resilienti hanno, insomma, trovato in se stessi, nelle relazioni umane, e nei contesti di vita, quegli elementi di forza per superare le avversità.

Essere resilienti non significa infatti solo saper opporsi alle pressioni dell’ambiente, ma implica una dinamica positiva, una capacità di andare avanti, nonostante le crisi, e permette la costruzione, anzi la ricostruzione, di un percorso di vita, permette di superare le difficoltà, ma che non rende invincibili, e non è neppure presente sempre: possono infatti verificarsi momenti in cui le situazioni sono troppo pesanti da sopportare, generando un’instabilità più o meno duratura e pervasiva. In questo caso una consulenza psicologica o una psicoterapia possono essere di aiuto…

Tra i fattori di rischio che espongono a una maggiore vulnerabilità agli eventi stressanti, diminuendo la resilienza, secondo Werner e Smith (1982) troviamo i fattori emozionali (abuso, bassa autostima, scarso controllo emozionale), interpersonali (rifiuto dei pari, isolamento, chiusura), familiari (bassa classe sociale, conflitti, scarso legame con i genitori, disturbi nella comunicazione), di sviluppo (ritardo mentale, disabilità nella lettura, deficit attentivi, incompetenza sociale).

 

Tra i fattori protettivi possiamo individuarne di individuali e familiari. Tra i primi, l’essere primogenito, un buon temperamento, la sensibilità, l’autonomia, unita alla competenza sociale e comunicativa, l’autocontrollo, e la consapevolezza e fiducia che le proprie conquiste dipendono dai propri sforzi, essere benvoluti e riconoscere e accettare gli aiuti che vengono offerti dall’esterno.

I fattori protettivi familiari comprendono l’elevata attenzione riservata al bambino nel primo anno di vita, la qualità delle relazioni tra genitori, il sostegno alla madre nell’accudimento del piccolo, la coerenza nelle regole, il supporto di parenti e vicini di casa, o comunque di figure di riferimento affettivo.

Esplorando i fattori protettivi, è possibile individuare cinque componenti che contribuiscono a sviluppare la resilienza (Cantoni, 2014).

Se volessimo tracciare un profilo della persona resiliente, questa dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche:

– Sopporta i dolori senza lamentarsi e regge le difficoltà senza disperarsi;

– Ha il coraggio di intraprendere con consapevolezza una via che sa essere tortuosa o, comunque, non la più semplice;

– Ama la vita per quello che è nel presente, e coltiva una propria spiritualità e virtù che moderano i timori di morte;

– Ricorda di essere esposta al pericolo in quanto mortale, e nel contempo affronta ciò che lo ostacola per cercare di superarlo con saggia audacia.

La resilienza è, dunque, una funzione psichica che si modifica nel tempo in rapporto all’esperienza, ai vissuti e, soprattutto, al cambiamento dei meccanismi mentali che la sottendono.

Impegno, controllo e predisposizione ad accettare i cambiamenti sono caratteristiche della persona di cui si può avere consapevolezza e perciò possono essere coltivati e incoraggiati. Per questo, la resilienza non è una caratteristica che è presente o assente in un individuo; essa presuppone comportamenti, pensieri ed azioni che possono essere appresi da chiunque.

 

A determinare un alto livello di resilienza contribuiscono diversi fattori, primo fra tutti la presenza di relazioni con persone premurose e unite, che possano creare un clima di fiducia e di sicurezza, favorendo, così, l’accrescimento del livello di resilienza. Gli altri fattori coinvolti sono:

  • una visione positiva di sé ed una buona consapevolezza sia delle abilità possedute che dei punti di forza del proprio carattere;
  • la capacità di porsi traguardi realistici e di pianificare passi graduali per il loro raggiungimento;
  • adeguate capacità comunicative e di “problem solving”;
  • una buona capacità di controllo degli impulsi e delle emozioni.

Nella ricerca della strategia più idonea per migliorare il proprio livello di resilienza può essere d’aiuto focalizzare l’attenzione sulle esperienze del passato cercando di individuare le risorse che rappresentano i punti di forza personali, essere disposti a pensare di poter sbagliare, ma anche di poter correggere la rotta.

2019-02-25T14:44:46+00:00

Dott.ssa Flavia Lualdi

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